Malgrado una persona sia libera di disporre, in linea generale, dei propri averi nel corso della vita, è bene sapere che sia nel diritto italiano che in quello svizzero vigono delle regole, le quali impongono ad alcuni tipi di eredi di tenere conto di quanto già ricevuto a titolo di donazione da parte di un parente che non c’è più.

È l’istituto della collazione, che ci impedisce di scordare quanto generosamente ricevuto nel corso degli anni da parte della persona che è venuta a mancare e che, in sostanza, limita sgradevoli differenziazioni tra eredi di prima classe, cioè quelli aventi diritto alla quota legittima.

Cosa accade, quindi, se nel corso degli anni una persona dona ai propri congiunti beni e quelle stesse persone sono poi chiamate a ereditare dalla stesso parente?

La legge in questo caso abbraccia il buon senso ed impone di tenere conto dei doni che sono stati ricevuti nel corso della vita, ma molto spesso le famiglie non lo sanno e questo contribuisce a creare fastidiose iniquità tra eredi.

La collazione ereditaria italiana trova il suo fondamento nell’articolo 737 del codice civile ed è in sostanza un calcolo che va fatto al momento della divisione successoria e che interessa il coniuge, i figli e i discendenti della persona che non c’è più.

In particolare il coniuge, con i figli e i nipoti, dovrà conferire in quella che si chiama massa ereditaria, ovvero l’insieme dei beni che possono essere ereditati, parte di ciò che ha ricevuto a titolo di donazione dal defunto quando era ancora in vita.

La norma, così come descritta, appare piuttosto generica: si deve davvero tenere conto di tutte le donazioni ricevute nel corso della vita? In sede successoria si deve realmente ricordare ed elencare tutto quanto ricevuto dal proprio coniuge, genitore o nonno, compreso ogni piccolo dono o mancia?

La risposta è ovviamente no, non si dovrà tenere conto delle donazioni di modico valore fatte a favore del coniuge e le spese sostenute per il mantenimento, l’educazione o la cura dei figli in una misura congrua oppure per coronare i momenti della vita che notoriamente portano esborsi di denaro, come le nozze o altre ricorrenze che richiedono di solito un dono.

Questo calcolo interessa sia i beni immobili che quelli mobili, quindi potenzialmente numerosi valori che possono avere l’effetto di spostare, anche di molto, l’assetto ereditario e, di conseguenza, le porzioni di eredità che spettano a ciascun erede.

La finalità è chiara, la legge vuole riequilibrare le aspettative degli eredi e ricordare loro di quanto hanno già ricevuto negli anni precedenti. Grazie a questo sistema le eventuali preferenze che il defunto ha coltivato nel corso della sua vita vengono meno; un metodo democratico insomma, un parificatore sociale all’interno del nucleo famigliare.

Esiste un solo modo per evitare questa rendicontazione post mortem, ovvero effettuare la dispensa da collazione ereditaria, che altro non è che l’esonero espresso compiuto dal donatario a favore di colui che ha ricevuto la donazione.

Questo esonero funziona solo all’interno di determinati limiti che rifanno alla quota disponibile, cioè a quella porzione di patrimonio personale che ognuno di noi è libero di devolvere a chi vuole al momento della propria morte.

Questa scelta può essere fatta sia al momento della donazione che alla stesura di un testamento.

Si badi bene, però, che la dispensa concessa in vita potrebbe essere revocata dal donante in sede di redazione del proprio testamento, un colpo di coda insomma la cui possibilità non è da trascurare.

Nel caso non si abbia avuto la fortuna di essere stati esonerati dalla collazione, esiste una sola via per sfuggire a questo obbligo di riconteggio: rinunciare all’eredità, azione che comporta però conseguenze importanti e che avremo modo di approfondire in altra occasione.

Ma come avviene, nella pratica, il calcolo che la collazione impone?

Esistono due modi: chi ha ricevuto la donazione nel corso della vita del defunto può restituire lo stesso bene e metterlo a disposizione di tutti gli aventi diritto, oppure l’equivalente in denaro. Un elemento molto importante da tenere in considerazione è che il valore del bene ricevuto nel corso della vita del defunto dovrà essere rivalutato al momento dell’apertura della successione.

Un esempio molto semplice riguarda gli immobili: gli stessi dovranno essere valutati secondo il valore di mercato al momento della successione e non facendo riferimento semplicemente a quello che il bene aveva al tempo della donazione.

Dettaglio da non poco conto, soprattutto quando si fa riferimento a donazioni ricevute molto tempo prima rispetto alla successione e che magari hanno visto un importante impegno economico in termini di ristrutturazione o manutenzione da parte dell’erede.

Anche il diritto svizzero prevede un sistema simile a quello italiano in termini di collazione.

La presunzione è la medesima esistente nel diritto italiano, ovvero evitare che trovi compimento la volontà di chi è venuto a mancare ed ha nettamente favorito un erede rispetto agli altri nel corso della propria esistenza.

Il riferimento è ancora una volta a ciò che può essere considerato un anticipo sull’eredità, che deve essere tenuto in considerazione nel calcolo della quota ereditaria, a meno che ci sia stato un espresso esonero in tal senso.

La collazione ereditaria, strano strumento di parificazione all’interno della famiglia svizzera o italiana, è quindi uno spunto di riflessione circa l’importanza della pianificazione successoria, cioè la responsabilità che ognuno di noi ha di stabilire in anticipo ciò che accadrà ai nostri beni quando un giorno non ci saremo più.

Vale, però, anche la considerazione opposta, cioè la collazione ereditaria sottolinea l’importanza di essere consapevoli del fatto che ciò che abbiamo ricevuto dai nostri cari nel corso della vita doveva spesso essere considerato un anticipo di eredità; tale consapevolezza può essere un gran vantaggio ed evitare spiacevoli e future sorprese.

Sara Botti