Durante il rapporto di lavoro il lavoratore dipendente viene inevitabilmente a conoscenza di informazioni vitali per un’azienda come il nome dei clienti, i processi produttivi, i dettagli finanziari e patrimoniali della società, solo per fare alcuni esempi.

Considerata l’importanza di questo tipo di informazioni, il datore di lavoro potrebbe sentire la necessità di tutelare l’eventuale uscita del dipendente dalla propria azienda con un contratto che sancisca il divieto di concorrenza.

Nell’ordinamento italiano il patto di non concorrenza è definito dall’art. 2125 del Codice civile, il quale stabilisce in termini netti la nullità dello stesso quando non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del lavoratore e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, tempo e luoghi.

Circa i tempi, la durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.

Nel diritto svizzero, invece, il vincolo di non concorrenza è regolato dall’art. 340 e seguenti del Codice delle obbligazioni in modo più dettagliato rispetto alla previsione normativa italiana.

In primo luogo, è detto che solo il lavoratore che ha l’esercizio dei diritti civili può obbligarsi per scritto verso il datore di lavoro ad astenersi da ogni attività concorrenziale dopo la fine del rapporto di lavoro, in particolare a non esercitare per proprio conto un’azienda concorrente né a lavorare in una tale azienda né a parteciparvi.

Ulteriormente, è specificato che il divieto di concorrenza è valido soltanto se il rapporto di lavoro permette al lavoratore di avere cognizioni della clientela o dei segreti di fabbricazione e d’affari e se l’uso di tali conoscenze possa cagionare al datore di lavoro un danno considerevole.

Circa le limitazioni del vincolo, il legislatore svizzero ha specificato che il divieto di concorrenza deve essere convenientemente limitato quanto al luogo, al tempo e all’oggetto, così da escludere un ingiusto pregiudizio all’avvenire economico del lavoratore; esso può superare i tre anni soltanto in circostanze particolari.

Resta in ogni caso salva la facoltà del giudice di restringere secondo il suo libero apprezzamento un divieto eccessivo, tenendo conto di tutte le circostanze.

La struttura del vincolo svizzero è simile a quella del patto di non concorrenza italiano, ma ciò che emerge quale grande differenza tra i due istituti è l’obbligo di corrispettivo a favore del lavoratore italiano.

In altri termini, il datore di lavoro italiano che vuole imporre ad un proprio dipendente un patto di non concorrenza deve essere pronto a pagare una somma congrua.

Tale congruità dipende dall’estensione territoriale e temporale del vincolo e, secondo la giurisprudenza e la prassi, una buona base di partenza per il calcolo del corrispettivo a favore del lavoratore è la retribuzione lorda annua sulla quale verrà applicata una percentuale tanto alta quanto è esteso il vincolo che grava sul lavoratore.

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